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UN PO DI CHIAREZZA

3/03/2012 Rosaria Magnisi 0 Comments



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Prendendo spunto dalle recenti dichiarazioni del Ministro dell’Economia tedesco, il quale comunica la necessità e l’urgenza di procedere con una consistente capitalizzazione del Fondo Salva Stati per garantire maggiore stabilità nei mercati, cerchiamo di fare un PO’ DI CHIAREZZA sulla situazione attuale, attraverso il pratico strumento FAQs.

Come si alimenta il Fondo Salva Stati?
Mediante i contributi dei singoli paesi membri.

Qual’è lo scopo del fondo?
Garantire la stabilità del sistema Euro contro potenziali rischi di default finanziari di in uno dei paesi membri.

Come fanno i paesi membri a sottoscrivere il fondo?
I paesi sottoscrivono tramite l’apporto di nuovo capitale, reperito mediante l’immissione sul mercato di nuovi titoli di Debito Pubblico. Ciò si traduce in maggiore Debito Pubblico per i singoli Paesi Europei.

Chi sottoscrive il nuovo Debito?
I principali sottoscrittori sono gli investitori istituzionali, ovvero le Banche.

Qual’è lo scenario attuale?
Le banche, per garantire una piena copertura del sistema, ottengono prestiti agevolati da parte della Banca Centrale Europea. Tramite questo denaro, le banche riescono a sostenere l’emissione di nuovo debito per i singoli stati sovrani (di recente c’è stata una nuova emissione da parte della BCE di 529,30 miliardi di Euro, con un tasso di interesse annuo dell’1% che le banche dovranno pagare alla restituzione).

A chi conviene tale situazione?
Le banche si trovano in una posizione di assoluto privilegio in quanto creano profitto sulla base del differenziale positivo tra il denaro da pagare alla BCE e quello ricevuto dagli stati attraverso la sottoscrizione del nuovo debito pubblico.

Quali sono gli obiettivi di questa politica?
Attraverso questa manovra della BCE, si procede all’emissione di nuova moneta per:

Ridurre le tensioni sulla domanda di Titoli di Stato attraverso la creazione di un bacino stabile di operatori istituzionali in grado di sottoscrivere il nuovo debito;

Ridurre le tensioni sugli spread, in modo da garantire ai paesi europei un contenimento nei costi da sostenere all’emissione di nuovo debito, allo scopo di avere un’effetto positivo sia sul deficit che sul debito pubblico.

Tuttavia, questo scenario presenta delle debolezze legate alla mancanza di una vera ripresa economica che, in Europa, tarda ad arrivare. Si riscontrano invece fenomeni recessivi figli della crisi finanziaria, in cui le banche usano i capitali a disposizione per sostenere i debiti pubblici ed incrementare il proprio patrimonio, precedentemente ridotto dalla crisi.

Il sistema attuale non è in grado di ripartire e la crisi ha una dimensione sempre più capillare su tutta l’economia reale, anche perché molti paesi denotano forti rigidità burocratiche che non consentono di poter agire con la massima efficacia.

Pensiamo alla questione dei salari, concentrando per un attimo la nostra attenzione sul dibattito italiano.

Personalmente, continuo a sostenere che il nostro sistema contrattualistico sia superato che non sia più in grado di soddisfare il tempo in cui viviamo. Non ritengo sensata una battaglia contro l’articolo 18, anzi si dovrebbe parlare esclusivamente meritocrazia e di incentivi tesi ad aumentare il legame tra impresa e lavoratori, il tutto unito ad una riorganizzazione del Welfare che aumenti il benessere dei lavoratori, visto l’obbligo di andare in pensione a quasi 70 anni.

Ci si deve rendere conto che il modello sociale è cambiato. Prima era necessario tutelare le persone guardando al loro futuro; oggi è doverosa una ridistribuzione del reddito accentuata sul presente.

Prendendo spunto dal modello inglese, ad ogni lavoratore dovrebbe essere permesso di definire il proprio piano pensionistico. In tal modo si disporrebbe di più liquidità disponibile per i “giorni di pioggia”, che ultimamente sono diventati davvero tanti.

Alla luce di quanto discusso quali soluzioni adottare?

Di certo sono necessarie manovre mirate a risolvere la questione del debito greco. Se si procedesse implementando un default pilotato, che comporterebbe una negoziazione con i creditori della Grecia (le banche), si porrebbe fine all’incertezza economica e si farebbe chiarezza su un dato reale. Misure di contenimento dei costi da parte delle Grecia non potranno mai essere attuabili se il debito ha un interesse annuo pari al 30%.

Risolvendo la questione della Grecia, l’Europa darebbe un segnale di unità e di realismo scavalcando le logiche unilaterali dei singoli paesi. Questo rappresenterebbe il primo passo verso la coesione fiscale, necessaria per evitare situazioni simili in futuro.

Con una coesione fiscale vera, non più quella fallimentare di Maastricht, i paesi perderebbero un po di sovranità politica, a vantaggio di una maggiore stabilità del sistema generale; i problemi dell’Europa dovrebbero essere affrontati dall'Europa tutta.

pubblicato dal dott.Ferdinando Fusaro

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